Visto la complessità dell'argomento lo divido in due parti così da non appesantire troppo l'argomento(anche se per chi non è affascinato,probabilmente potrà risultare molto pesante),e in modo che possa essere il più esauriente possibile.
Premetto che la teoria dell'esistenza di Universi paralleli non è solo un'idea bizzarra inventata dai fisici.Se ne venisse provata l'esistenza,potrebbero rivestire un ruolo fondamentale nel nostro futuro remoto.Trovare un tunnel verso un altro mondo,potrebbe salvare l'umanità.Sicuramente tra miliardi di anni la nostra stella distruggerà la terra,come spiegato in un post precedente.Quindi prima che ciò accada,se fossimo in grado di trovare un ponte che collega due universi,chiamato ponte di tarlo,e riuscissimo ad oltrepassarlo,ci potremo salvare dal triste destino dell'umanità.Naturalmente queste sono ipotesi solo verosimili al giorno d'oggi.
Ora però parliamo di cosa siano questi universi paralleli.
L'idea più semplice di universi paralleli ci viene dalla cosmologia, e riflette il tentativo di liberarci dalla necessità di credere ancora in un mondo fatto appositamente per noi. La vita sulla Terra, e con essa il nostro modo di vedere e interpretare la realtà, è il risultato di circostanze così specifiche e di condizioni così restrittive da rendere l'universo in cui viviamo un evento di per se altamente improbabile.
Si suppone allora che tanti universi, forse infiniti, appaiono continuamente come bolle in un substrato cosmico primordiale in espansione e soggetto a sporadici cambiamenti di stato. Ognuna di queste bolle, dopo essersi formata, si espande a sua volta secondo modalità dettate dalle condizioni iniziali, innescando l'evoluzione di un mondo fisico a se. Noi vivremmo in uno di questi mondi in cui si sono instaurate, tra le infinite condizioni possibili, quelle giuste per farci essere come siamo. In questa visione dimolti universi, il nostro non sarebbe il risultato di un singolo evento che richiederebbe un disegno preordinato difficilmente giustificabile, ma solo uno dei tanti universi, ciascuno retto da condizioni del tutto casuali.
Si suppone allora che tanti universi, forse infiniti, appaiono continuamente come bolle in un substrato cosmico primordiale in espansione e soggetto a sporadici cambiamenti di stato. Ognuna di queste bolle, dopo essersi formata, si espande a sua volta secondo modalità dettate dalle condizioni iniziali, innescando l'evoluzione di un mondo fisico a se. Noi vivremmo in uno di questi mondi in cui si sono instaurate, tra le infinite condizioni possibili, quelle giuste per farci essere come siamo. In questa visione dimolti universi, il nostro non sarebbe il risultato di un singolo evento che richiederebbe un disegno preordinato difficilmente giustificabile, ma solo uno dei tanti universi, ciascuno retto da condizioni del tutto casuali.
La convivenza di mondi paralleli, per quanto suggestiva, è irrilevante dal punto di vista osservativo, almeno che qualcuno di questi universi non interagisca in qualche modo con il nostro. Come potremmo accertare se l'universo in cui ci troviamo non sia il risultato della coalescenza di due mondi inizialmente diversi, oppure semplicemente che esso sia pericolosamente vicino a un altro? Le osservazioni astronomiche sono oggi sufficientemente ricche e complesse da consentire una ricerca atta a riconoscere o meno i segni della coalescenza di universi bolle o di una loro interazione a distanza; tuttavia l'impatto interpretativo di queste ipotesi è ancora assai marginale rispetto alle teorie correnti.
Dalle prime osservazione del moto delle galassie negli ammassi e quindi dai dati sulle curve di rotazione delle stesse che, dal 1970 hanno polarizzato l'attenzione degli astronomi, si ha oggi la certezza che il contenuto del nostro universo sia costituito per quasi il 90 per cento da materia invisibile, la celebre "materia oscura", che rivela la sua presenza solo mediante effetti gravitazionali.
Le curve di rotazione delle galassie, cioè il valore della velocità di rotazione delle loro componenti visibili in funzione della distanza dal centro, hanno in media un comportamento molto diverso da quello atteso. Esse infatti non decrescono verso valori piccoli della velocità via via che ci si allontana dal corpo luminoso della galassia, ma rimangono pressoché orizzontali, indicando un valore grosso modo costante della velocità fino a distanze parecchie volte più grandi delle dimensioni visibili delle galassie.
Ciò dimostra che la sorgente di campo gravitazionale non può essere solo la materia luminosa, perché questa risulta avere una massa molto minore di quanto non si deduca dalla dinamica dei suoi elementi e, cosa assai più importante, di quanto sia necessario per assicurare alle galassie la loro compattezza e stabilità. Le osservazioni astronomiche mostrano quindi la presenza di un'entità indecifrabile, che accompagna e inviluppa la materia luminosa di un alone la cui natura e origine sono tuttora fra i problemi irrisolti della cosmologia moderna.
Le curve di rotazione delle galassie, cioè il valore della velocità di rotazione delle loro componenti visibili in funzione della distanza dal centro, hanno in media un comportamento molto diverso da quello atteso. Esse infatti non decrescono verso valori piccoli della velocità via via che ci si allontana dal corpo luminoso della galassia, ma rimangono pressoché orizzontali, indicando un valore grosso modo costante della velocità fino a distanze parecchie volte più grandi delle dimensioni visibili delle galassie.
Ciò dimostra che la sorgente di campo gravitazionale non può essere solo la materia luminosa, perché questa risulta avere una massa molto minore di quanto non si deduca dalla dinamica dei suoi elementi e, cosa assai più importante, di quanto sia necessario per assicurare alle galassie la loro compattezza e stabilità. Le osservazioni astronomiche mostrano quindi la presenza di un'entità indecifrabile, che accompagna e inviluppa la materia luminosa di un alone la cui natura e origine sono tuttora fra i problemi irrisolti della cosmologia moderna.
Le proposte interpretative sono numerose ed in prevalenza intese ad attribuire alla materia oscura una natura particellare. Ognuna di queste ipotesi porta con se implicazioni di tipo osservativo che però finora appaiono verificate solo parzialmente, impedendo un'interpretazione univoca e consistente del mondo fisico. Ipotesi di tipo non particellare hanno contemplato una modificazione della legge newtoniana della gravitazione su scala galattica, e anche la collisione del nostro universo con uno parallelo, retto forse da leggi fisiche tali
Il diagramma di Penrose fornisce una rappresentazione globale dello spazio-tempo di Schwarzchild.
Il moto fisico è consentito solo all'interno dei coni di luce. I due universi U1 e U2 si sovrappongono solo
nella regione di buco nero, compresa fra l'orizzonte degli eventi e la singolarità di curvatura. Poiché è possibile muoversi solo rimanendo all'interno del cono di luce, un astronauta che provenga da U1 e che cada nel buco nero può incontrare un suo collega preveniente dall'universo parallelo U2 prima di finire sulla singolarità, da non consentire alla sua materia di emetter e assorbire radiazione. Le osservazioni mostrano però che la materia oscura risponde alla stessa legge universale della gravitazione che regola il nostro mondo in tutte le sue parti, per cui, nell'ipotesi di collisione con universi differenti, occorre ritenere che questi ultimi obbediscano alle stesse leggi fisiche del nostro universo. Ciò darebbe a esso una centralità troppo in contrasto con la completa casualità nella formazione degli universi-bolle; pertanto la possibilità che il nostro universo sia il risultato di una collisione è concettualmente remota.
Se il nostro universo, pur non contaminato dal contenuto di uno parallelo, è tanto vicino a esso da sentirne l'effetto gravitazionale, di nuovo assumendo che esso generi un tale campo nel suo insieme, allora dovremmo osservare un'anisotropia su grande scala derivante da deformazioni mareali.
Al momento le osservazioni non consentono do giungere a tale conclusione, per cui anche l'esistenza di altri universi oltre al nostro rimane solo un'ipotesi suggestiva. Ciononostante, l'idea che esistano universi paralleli, di origine e natura differenti, a cui si possa accedere dal nostro o che influenzino questo tramite connessioni permesse dalla fisica, pare non soccombere al vaglio della ragione, ma anzi radicarsi tanto più nell'immaginario scientifico quanto più il panorama del mondo fisico, dal macrocosmo all'infinitamente piccolo, appare complesso.
Invero quest'idea è resa plausibile dalle equazioni di Einstein. Queste formano un sistema di dieci equazioni differenziali non lineari del second'ordine, le cui soluzioni vengono chiamate genericamente "universi".
A seconda delle ipotesi sui termini di sorgente e sulle condizioni al contorno, le equazioni di Einstein ammettono diverse soluzioni: decidere quale di queste sia fisicamente accettabile è compito difficile e non privo di ambiguità. Il criterio di selezione è quello della compatibilità delle soluzioni con quell'assetto logico che è il costrutto delle leggi fisiche, le quali per contro impongono rigidi vincoli, giustificati dall'esperienza, ma anche da convinzioni preconcette. Infatti, gli universi che noi rigettiamo solo perché non hanno certi requisiti di plausibilità possono trovare leggitimazione non appena questi requisiti mutano a seguito di nuove conoscenze.
Domani concluderò l'argomento con la seconda parte.
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